martedì 26 novembre 2019

La polizia entrava nelle case degli ebrei... - Tratto da: La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze

La polizia entrava nelle case degli ebrei trattati da nemici della Patria.
Venivano a controllare documenti, a fare perquisizioni, a fare degli interrogatori assurdi, come fossimo stati dei pericoli pubblici.
Poliziotti piuttosto sfrontati, con aria truce, entravano con una grande sicurezza in casa. Di solito c’eravamo io e mia nonna; andavamo ad aprire la porta e ci trovavamo questi uomini che entravano con un’aria minacciosa... ricordo mia nonna, che era torinese, molto gentile, molto garbata e soprattutto gran cuoca di dolci. Lei accoglieva questi tizi dall’aria prepotente e diceva:
«Prego, ho fatto questi dolci, ve li faccio assaggiare...»
E poi faceva sempre vedere la fotografia di mio papà e di mio zio quando erano ufficiali della Prima Guerra mondiale.
Non so che cosa chiedessero, perché lei mi mandava di là, mi diceva:
«Vai, vai, vai a giocare in camera.»
Io non sapevo se andare o stare a origliare per sentire cosa avessero da dire questi poliziotti e poi avevo anche paura di quello che potevo sentire e andavo in camera mia, ma diventavo grande.
Non giocavo più.
Ci fu una grande solitudine, si contavano quelli che ancora ci salutavano per strada, si contavano quelli che ci telefonavano per dirci che ci volevano bene. 



La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze. 
Pagine 172 - Prezzo di copertina € 13,00
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Era la fine dell'estate del 1938... - La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze.

Non avevo mai fissato la mia piccola testa di ragazzina sul fatto che fossimo ebrei, perché la mia famiglia era estremamente integrata nel contesto milanese.
Nel 1938 avevo otto anni, andavo alla scuola pubblica di via Ruffini, come una bambina qualunque.
Abitavo lì vicino.
L’unica differenza tra me e le mie compagne era che nell’ora di religione (eravamo forse in tre nelle elementari) essendo esonerate, ovviamente, correvamo in corridoio ed eravamo molto invidiate da quelle altre che dovevano stare in classe.
Arrivò come uno Tsunami, oggi si direbbe, un temporale violentissimo, lo snocciolarsi di quelle prime avvisaglie, come quando sta per venire un temporale e ci sono i tuoni lontani, i lampi... ma speriamo che forse non avverrà, non pioverà qui... le avvisaglie di un antisemitismo che non si era sentito prima in Italia, non si era recepito assolutamente.
Ed era la fine dell’estate del 1938 quando mio papà cercò di spiegarmi che non potevo fare la terza elementare in via Ruffini, perchè per le leggi razziali fasciste, vergognose, avevamo perso i diritti civili.
E fra le leggi razziali c’era il divieto di andare a scuola.
Mi sentii dire quindi con voce rotta, con voce emozionata, umiliata, da mio papà che io, come tutti i bambini ebrei, tutti gli studenti ebrei delle scuole pubbliche d’Italia, ero stata espulsa.
Espulsa...
Voi ragazzi sapete bene che cosa vuol dire essere espulsi da una scuola, alle elementari poi non ne parliamo. Bisogna aver fatto davvero  qualche cosa di molto molto grave nell’ambito scolastico.
E io, che andavo a scuola con gioia, mi sentii dire mentre eravamo a tavola e c’erano tutti e due i miei nonni:
«Sei stata espulsa dalla scuola perché noi siamo ebrei.»
Fu veramente un colpo gravissimo. Io subito chiesi:
«Ma perché? Che cosa ho fatto?»
Era un momento tremendo, era soprattutto l’espressione di queste tre persone, che mi guardavano con grande pena, con grande preoccupazione per me.
Era amore, amore e disperazione.
Da quel momento cominciai a chiedere a tutti ma perché? perché? perché? perché? Ed ero ossessiva con questo perché, al quale a quel tempo era molto difficile dare una risposta. Soprattutto perchè ai bambini, allora non si parlava così chiaramente come si parla adesso, si cercava di tenerli separati, protetti dalle brutture della vita.
E quel perché mi ha seguita poi mille volte: ma perché, perché, perché, perchè, perché io non posso più andare a scuola? Perché sono stata espulsa?
Era la colpa di essere nata. 



La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze. 
A cura di Anna Squatrito
Pagine 172 - Prezzo di copertina € 13,00
Foto in copertina: Maria Luisa Lamanna 
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Così concludiamo la premessa

Concludiamo la premessa con le parole della Senatrice Segre, con cui lei di solito dà inizio agli incontri con i giovani, affinchè siano da monito a chi troppo facilmente dimentica o a chi, con troppa leggerezza, affronta questo argomento.

“Ritengo un mio grande dovere dare voce, dare luce a quei sei milioni di esseri umani che sono stati sterminati, non perché avessero fatto qualcosa ma per la colpa di esser nati.
E ho cominciato con molta umiltà, perché io non mi sono mai occupata di politica, anche se adesso sono una Senatrice, non sono stata mai un’insegnante, non ho mai avuto occasione di parlare in pubblico e non sapevo se mi fosse uscita la voce per raccontare l’indicibile, come scrive giustamente Primo Levi.
In realtà nessuno di noi sopravvissuti ha nel proprio vocabolario, anche se ricchissimo... compresi i filosofi, gli intellettuali che hanno potuto portare la testimonianza, neppure loro hanno potuto trovare le parole per dirlo, perché è indicibile.
Ma quasi tutti sceglievamo la vita.
Anche in quelle condizioni. In quelle condizioni di fame, di diventare scheletri, di non avere più le mestruazioni, di aver perso tutte le famiglie, di vedere il crematorio, di vedere la ciminiera, di sapere tutto l’orrore che abbiamo capito essere quel posto... tutti sceglievamo la vita.
Liliana Segre”



La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze. 
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La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze.

Abbiamo ascoltato le testimonianze della Senatrice Liliana Segre negli incontri con gli studenti,  partendo da quello tenuto a Lugano il 03 dicembre 2018 e lo abbiamo integrato con le parti mancanti, ascoltate da altri incontri sempre con i giovani, trascrivendo i fatti nell’ordine cronologico di narrazione.
Il risultato è la raccolta delle esperienze della Senatrice Segre dal momento in cui vengono emesse le leggi razziali del 5 settembre 1938 e via via fino alla deportazione, alla vita nel campo, alla marcia della morte, alla vita nei successivi campi, fino alla liberazione. Si è cercato di cogliere, oltre il racconto in se stesso, le riflessioni su determinati fatti e i consigli che la Senatrice dà ai giovani; perché infine è questo per noi editori lo scopo fondamentale del libro: una preziosa testimonianza che dà un grande insegnamento ai giovani sul valore della vita, sulla “scelta della vita” e sulla fiducia in se stessi.
I vari passi del racconto sono distinti da una frase in “maiuscoletto”; nulla delle parole e delle espressioni della Senatrice è stato cambiato, nulla è stato aggiunto. A completamento del libro, abbiamo inserito il testo delle leggi razziali emesse nel 1938, soffermandoci in modo particolare sul R.D.L. 5 settembre 1938, n. 1390 (Provvedimento per la difesa della razza italiana nella scuola) e il successivo R.D.L. 15 novembre 1938, n. 1779 (Integrazione e coordinamento in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana Regno d’Italia 1938)  proprio per dare ai ragazzi l’opportunità di leggere e approfondire le fonti di quello che fu l’inizio del genocidio, il tutto corredato dalle foto dei vari giornali dell’epoca.

I Buoni Cugini editori 

La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte dalle sue testimonianze. 
A cura di Anna Squatrito 
Pagine 172 - prezzo di copertina € 13,00
Foto in copertina: Maria Luisa Lamanna 
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Disponibile presso La Feltrinelli libri e musica
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it