martedì 21 gennaio 2020

Liliana Segre: Ci portarono nel carcere di Varese.

E la notte stessa la passammo nel carcere di sicurezza, consegnati ai tedeschi. Il giorno dopo fummo portati da una macchina, mio papà con le manette...
Io lo guardavo, guardavo i suoi polsi.
Lui aveva delle mani bellissime.
Guardavo i suoi polsi con le manette per la colpa d’esser nato.
Mio papà con le manette, come un delinquente comune.
Ci portarono nel carcere di Varese dove fummo divisi. E io a 13 anni entrai da sola nel carcere femminile.
Voi non potete immaginare come è duro il carcere, come è veramente tremenda la prigione per chi ha fatto qualche cosa. Anche se è un assassino, un ladro, un rapinatore, anche se è un imbroglione, chiunque sia, quando si sente imprigionato ed è dentro una cella, il mondo gli crolla addosso, perché quella porta è chiusa da fuori.
Come sta una ragazzina di tredici anni, che non immagina neanche come sia fatta una prigione, che si trova buttata dentro una cella, per la colpa d’esser nata?
La fotografia, le impronte digitali, mi schedano, mi strappano da mio papà, mi mandano nella parte femminile. Mi sembrava impossibile che capitasse a me.
Ma perché? Perché? Perché? Perché?
Come si sta in una cella?
Come sono le altre?
Come ti butti sul pagliericcio?
Ricordo di essermi appoggiata a quella porta che era stata sbarrata dietro di me, e piangevo, e non avevo il coraggio di aprire gli occhi perché non sapevo cosa avrei visto in una cella di prigione.
Beh... aprii gli occhi.
Era una grande cella vuota, c’erano solo dei pagliericci per terra e delle donne.
Si alzò una ragazza, mi prese tra le sue braccia Violetta Silvera, una meravigliosa ragazza, morta subito, il primo giorno all’arrivo ad Auschwitz con la sua mamma, ed erano due belle ebree bibliche, con lunghe trecce.
Mi presero fra loro.
Violetta mi disse:
 «Vieni, vieni vicino a me e alla mia mamma. Non piangere più, stai qui con noi.»
E mi ricordo che accettai il suo abbraccio con una gratitudine estrema, e i miei singhiozzi finirono tra le sue spalle, stretta a lei, bellissima, con la sua treccia nera, mentre la sua mamma aveva una treccia lunga grigia. Erano belle, erano belle, buone, erano straordinarie.
Rimasi abbracciata a loro in quei pochi giorni.
Indimenticabile Violetta, dagli occhi viola, che aveva 19 anni. 
(Nella foto Violetta Silvera. Foto tratta dall'Archivio C.D.E.C.)


La civile indifferenza. Le parole di Liliana Segre fedelmente raccolte e trascritte dalle sue testimonianze. A cura di Anna Squatrito.
In appendice al libro il testo delle leggi razziali dal 5 settembre 1938 con le immagini dei giornali dell'epoca.
Pagine 172 - Prezzo di copertina € 13,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile online su Amazon, Feltrinelli, Ibs e tutti i siti vendita. 
A Palermo, disponibile presso Enoteca Letteraria Prospero.

Nessun commento:

Posta un commento